Kevin Costner, ritorno nel West: a Cannes il respiro di ‘Horizon’, più da serie che da film. La recensione di Alberto Crespi - la Repubblica

Kevin Costner, ritorno nel West: a Cannes il respiro di ‘Horizon’, più da serie che da film. La recensione di Alberto Crespi

Il divo di ‘Balla coi lupi’ e ‘Yellowstone’ presenta la prima parte del nuovo film che ha diretto, prodotto e interpretato. L’impatto dei grandi classici, una narrazione faticosa: funzionerà al cinema?

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Nel corso di una lunga e intensa conferenza stampa, Kevin Costner ha dato una definizione del western molto azzeccata: “A volte i vecchi western sono semplici, e descrivono una vita semplice. Io credo invece che il western sia un genere molto complesso perché la vita nel West era molto complessa. Voi credete che il West fosse un luogo semplice? Beh, non lo era. Vivere a Cannes, o a Parigi, o a Los Angeles è semplice. Nel West non c’era la legge, non c’erano le case e le città, si viveva nella sporcizia e nella polvere senza potersi lavare, non c’erano medici, non c’era nulla. Sopravvivere era complicato. Ed è questo che ho voluto raccontare”.

Horizon, visto a Cannes fuori concorso, è per il momento un film di 6 ore, in due capitoli che usciranno al cinema a poca distanza l’uno dall’altro. Ma Costner vuole girarne altri due. È una scommessa impervia, poiché il western è popolarissimo in tv e sulle piattaforme (basti pensare, per rimanere a Costner, alla serie Yellowstone con annessi e connessi) ma attira con difficoltà la gente in sala. Infatti nessuno voleva produrre Horizon: il divo di Balla coi lupi (sono passati 33 anni…) l’ha realizzato tirando fuori 50 milioni di dollari di tasca sua, nemmeno la metà dei 120 raccolti da Coppola per Megalopolis. C’è qualcosa che lega questi due titoli passati a Cannes 2024: sono il gesto estremo di due cineasti ossessionati, le ultime grida dalla savana di un cinema pensato come lo si pensava una volta, in grande. La differenza è nello stile: Megalopolis è un film personalissimo e quasi sperimentale, Horizon è un western super classico che ricorda i grandi capolavori degli anni ’50 – o anche certe fluviali narrazioni televisive che in Italia piacquero tanto, come la mitica serie Alla conquista del West (lo zio Zeb, ricordate?) che passò su Rai 2 negli anni ’70.

Ella Hunt, Georgia MacPhail, Kevin Costner e Alejandro Edda all'anteprima di 'Horizon: An American Saga' a Cannes
Ella Hunt, Georgia MacPhail, Kevin Costner e Alejandro Edda all'anteprima di 'Horizon: An American Saga' a Cannes 

Costner entra in scena, come attore, dopo un’ora di film: e si mette subito nei guai, difendendo una donna che nemmeno conosce. Altrimenti, che eroe sarebbe? Prima sono partite due linee narrative che per il momento, nella prima parte, non si sono ancora incrociate. Una inizia nel 1859 nella San Pedro Valley, nel Sud Ovest desertico tanto caro a John Ford: un gruppo di pionieri, richiamati dal sogno di una terra ricca e fertile dove sorgerà una città chiamata appunto Horizon, si accampa in territorio Apache, e mal gliene incoglie: i White Mountain Apache li attaccano e fanno una strage, ma i sopravvissuti giurano vendetta.

Sienna Miller nel film
Sienna Miller nel film 

Contemporaneamente, molto più a Nord – nel territorio del Montana – una donna spara a un balordo, purtroppo senza finirlo, e diventa l’obiettivo dei figli di quest’ultimo: è proprio uno di questi rampolli, violenti e dementi, a scontrarsi con il mercante di cavalli Hayes Ellison (il personaggio di Costner) e a fare una brutta fine. Ellison diventa anche lui un bersaglio, mentre tante altre storie si incrociano. Soprattutto quella di Frances Kittredge (Sienna Miller), sopravvissuta al massacro degli Apache e ora protetta dall’esercito e destinata, lo capiamo quasi subito, a invaghirsi del bel tenente Trent Gephardt (Sam Worthington).

Ella Hunt, Georgia MacPhail, Kevin Costner e Alejandro Edda all'anteprima di 'Horizon: An American Saga' a Cannes
Ella Hunt, Georgia MacPhail, Kevin Costner e Alejandro Edda all'anteprima di 'Horizon: An American Saga' a Cannes 

È uno strano oggetto, Horizon: è girato in maniera solenne e magniloquente, in spazi naturali abbaglianti, con il respiro visivo dei grandi classici; ma narrativamente è faticoso, alterna potenti scene d’azione a sequenze molto “parlate” e fin troppo dilatate. Ha un respiro romanzesco più da serie lunga che da film, e questo primo capitolo si chiude lasciando un po’ di amaro in bocca allo spettatore. Funzionerà al cinema? Difficile indovinarlo. Gli appassionati del western si divertiranno, e noi stessi potremmo scrivere migliaia di righe individuando i modelli nobili ai quali Costner si ispira (l’assalto degli Apache alla capanna isolata è per esempio debitore di Sentieri selvaggi, il capolavoro di Ford, ma quale western non lo è?). Ma per garantire il successo in sala servirà molto di più. Noi facciamo il tifo per Kevin, che dai tempi di Balla coi lupi e del bellissimo Open range è rimasto uno dei pochi veri “westerner” in circolazione.

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