Che fine ha fatto Kyrie Irving? | Dunkest

Che fine ha fatto Kyrie Irving?

Dopo essere stato il volto di copertina del primo turno, Kyrie Irving è pian piano sparito dalla ribalta contro i Thunder

Kyrie Irving TD Garden

Dallas è ad un passo dal chiudere una complicata serie contro gli inesperti ma promettentissimi OKC Thunder, trascinata dal meraviglioso apporto di Luka Doncic e da vari role players che stanno sfruttando la vetrina più importante per sfoderare prestazioni di livello assoluto.

Eppure a questi ottimi Mavs manca qualcosa, o meglio qualcuno: Kyrie Irving; dato l’evidentissimo stato di affaticamento di Doncic, ci saremmo aspettati tutti che la leadership dell’ex-Nets emergesse come figura di riferimento dell’attacco texano.

Inoltre, gli ultimi mesi di Kai ci hanno fatto pensare che finalmente avesse trovato l’isola felice dove esprimere tutto il suo celestiale talento, con atteggiamenti in campo, video e interviste che lo ritraggono sereno come forse era stato solo negli anni a Cleveland.

Su questa scia era andata tutta la serie contro i Los Angeles Clippers, in cui Irving è stato il fattore determinante in tutti i momenti chiave delle partite vinte dai Mavericks, viaggiando a 26.5 punti di media.

Data la “Dorture Chamber” preparata da Mark Daigneault per ingabbiare (o quantomeno provarci) Doncic, appiccicandogli il suo miglior difensore a tutto campo, ci saremmo aspettati un apporto simile da parte di Irving, in quanto secondo violino designato.

Invece fino a questo momento 20, 9, 22, 9 e 12 sono i punti segnati dal numero 11 nei primi 5 episodi di questa bella serie: 14.4 di media, con appena 12 tiri a partita e un apporto appena marginale al rendimento dei suoi, dato che non c’è nessun apparente nesso tra le prestazioni di Kyrie e l’esito delle partite.

Ma com’è possibile che un giocatore del genere non serva necessariamente a Dallas per vincere in questa serie? La risposta è da ricercarsi negli schemi di coach Jason Kidd, che finalmente si sta dimostrando all’altezza del suo ruolo e ha trovato il modo per oliare i meccanismi offensivi a tal punto da riuscire a generare un buon tiro solo grazie al playmaking illuminato di Doncic e ai movimenti calibrati al millimetro delle ali o del Daniel Gafford di turno inserito nei pick&roll.

In questo scenario, un giocatore che necessita della palla in mano per diversi secondi per emergere come Irving rimane inevitabilmente tagliato fuori, finendo per tirare pochissimo per le sue abitudini, pur conservando le sue percentuali fantascientifiche.

In conclusione, trovarsi con due match point sulla racchetta in una serie originariamente ostica con un Irving con le marce così basse è di gran lunga la miglior notizia per i Mavericks: chi dovrà affrontarli in Finale di Conference saprà di trovarsi davanti una squadra completissima, che ha finalmente imparato a difendere e che può aggiungere ad un attacco ben rodato il surplus di prestazione dell’Irving che tutti conosciamo.

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