la vita è bella se hai l’ombrela - La Stampa

Sessant’anni di carriera invidiabile, per il successo e la coerenza, e per gli straordinari compagni di viaggio. Ne “La versione di Cochi”, libro che Cochi Ponzoni ha scritto con il giornalista Paolo Crespi, non solo c’è l’immancabile metà del geniale duo Cochi e Renato, ovvero l’amico di sempre Renato Pozzetto, ma anche gli artisti che hanno segnato la storia dello spettacolo italiano tra musica, teatro, televisione, e cinema: Enzo Jannacci, Lino Toffolo, Felice Andreasi, Bruno Lauzi e tanti altri. L’11 maggio al Teatro Juvarra (Via Juvarra 13, ore 21), “La versione di Cochi” diventa spettacolo, in una serata organizzata dal Circolo Amici della Magia di Torino, in cui Aurelio “Cochi” Ponzoni racconta dal vivo storie vere accompagnato dalla musica e dalle magie di Luca Bono, Marco Aimone, Edoardo Pecar e Pino Rolle.

Cochi Ponzoni come l’ha colpita la passione per la magia?
«Sono solo uno spettatore, non so fare i giochi di prestigio, però da giovane ho incontrato Edoardo Pecar, che aveva partecipato a una commedia che stavo girando, in cui una scena richiedeva un primo piano di mani che facessero dei giochi con le carte. Lui era un ragazzino, e mi ha aperto le porte di questo mondo che mi affascina e diverte moltissimo».

Ma non ha mai provato a fare neanche un piccolo trucco?
«So far sparire una moneta, ma quando lo faccio davanti ai bambini mi dicono che capiscono subito il trucco. (ride

Perché ride?
«Perché sono uno spettatore bambino, mi incanto di fronte alla genialità di questi artisti. Raul Cremona, che conosco da quando aveva i calzoni corti, fa ridere oltre a essere un bravo prestigiatore, come anche il Mago Forest».

Per questo i prestigiatori partecipano al racconto di “La versione di Cochi”?
«Sono tutti amici che conosco da molti anni, ed è un grande onore che mi fanno, quello di mettersi in scena per raccontare insieme a me questo libro».

La sua “versione” racconta una vita piena di incontri e avvenimenti, guidati dalla curiosità e dalla voglia di fare: non cercavate il successo?
«Non lo cercavamo. Noi, io e Renato Pozzetto, da ragazzini abbiamo avuto la fortuna di frequentare il mondo dell’arte del dopoguerra, e sono stati artisti come Lucio Fontana e Piero Manzoni a insegnarci che bisogna avere il coraggio di fare le cose nelle quali si crede, senza pensare ai risultati economici. E noi - io, Renato e gli altri amici - abbiamo sempre fatto il nostro lavoro senza pensare agli esiti. Questa è stata la forza della nostra carriera».

Oggi che la realtà è surreale di suo, chi o cosa la fa ridere?
«La realtà è tragicomica. Però mi fanno ridere le imitazioni irresistibili di Maurizio Crozza, e anche il Mago Forest, e tanti altri amici, come Aldo Giovanni e Giacomo e Antonio Albanese con i quali ho condiviso parte della carriera».

Il primo ricordo felice della vita lavorativa?
«I primi guadagni. All'inizio io e Renato andavamo gratuitamente nei locali per far vedere quello che sapevamo fare, e quando ci confermavano per la volta successiva ci facevamo pagare».

È ancora sufficiente “l’ombrela” perché la vita sia “bela”?
«Diciamo che pararsi la testa con l'ombrello è necessario per portare avanti i propri progetti, altrimenti in questo mondo basato per la maggior parte sul profitto non si riesce a sopravvivere».

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