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LA FESTA DELLA MAMMA

Il giorno dedicato alle mamme cade, in Italia, ogni seconda domenica di Maggio.

Ma non è così in tutti i Paesi del mondo. Ecco quali sono le origini e le curiosità sulla festa.

Domenica 12 Maggio 2024 è la festa della Mamma ma scopriamo come nasce questa festa…

Diverse sono anche le storie legate all’origine della festa, che in Italia aveva in passato una data fissa e ora si celebra invece la seconda domenica di maggio.

A contribuire a internazionalizzare la festa della mamma furono le due guerre mondiali. All’epoca non si trattava però di una festa particolarmente allegra, perché era l’occasione di rendere omaggio alle madri di famiglia e alle spose che avevano perso il marito o i figli durante gli scontri bellici.

Come per la Pasqua, anche la Festa della Mamma non ha una data fissa annuale, infatti si è preferito allineare il nostro calendario con quello americano dove il giorno dedicato alla mamma cade nella seconda domenica del mese di Maggio.

Nel 2000, si è deciso che la festa della mamma dovesse avere una data mobile.

Ma facciamo un passo indietro all’origine della festa delle Mamma.

Fin dall’antichità le popolazioni politeiste erano solite celebrare giornate dedicate alle madri e alla fertilità in primavera.

Sembra che i greci onorassero la dea Rea, sposa di Crono e madre di Zeus, mentre gli antichi Romani consacravano le idi di Marzo a Cibele, una divinità di origine frigia (Regione storica dell’Anatolia, nell’altopiano interno (NO), posta tra Pisidia e Bitinia nord-ovest dell’odierna Turchia) che incarnava la Madre Terra. Nel Medioevo la figura materna continuò a essere associata a fertilità e abbondanza, una connessione che si mantenne anche nei secoli successivi.

Nel Regno Unito nacque nel XVII secolo la “Mothering Sunday”, che coincideva con la quarta domenica di Quaresima: una giornata in cui ai ragazzi che vivevano lontano dalle proprie famiglie era concesso tornare a casa a omaggiare le proprie madri. Proprio dalla tradizione inglese nasce l’usanza di fare alle mamme dei piccoli regali: ai tempi si trattava soprattutto di fiori raccolti lungo la strada del ritorno. L’istituzionalizzazione del “Mother’s Day” avvenne però negli Stati Uniti, grazie a due donne, madre e figlia: Ann e Anna Marie Jarvis. La prima, attivista durante la Guerra civile americana, fu l’ispiratrice della festa della mamma, la seconda ne è universalmente considerata la fondatrice. 

Fu nel 1908 che Anna Marie Jarvis celebrò a Grafton, nel Massachusetts, il primo “Mother’s Day”, scegliendo come simbolo il garofano, fiore preferito dalla madre defunta.

Successivamente nel 1914 l’allora presidente degli Stati Uniti, Woodrow Wilson, rese l’evento una festa ufficiale, programmandola per la seconda domenica di maggio.

Nel 1917 fu istituita in Svizzera, nel 1919 in Norvegia e in Svezia, nel 1923 in Germania e nel 1924 in Austria.

Ma la stessa poetessa Anna Marie Jarvis si rammaricò della piega commerciale che la celebrazione stava prendendo, dispiaciuta che nel mondo si pensasse più al profitto che al sentimento d’amore filiale e come darle torto? Anche attualmente questa festa come le altre sta finendo per esser una festa commerciale secondo me…

La festa della mamma si celebra a Maggio in molti Paesi che hanno seguito l’esempio degli Stati Uniti. Ma ci sono altre parti del mondo in cui questa ricorrenza cade in diversi periodi dell’anno. Oltre a Regno Unito e Irlanda, che rispettano la tradizione del “Mothering Sunday” fra Marzo e Aprile, ci sono Paesi che celebrano le madri in concomitanza con la festa delle donne come la Bulgaria, la Romania e gli altri Stati balcanici. Il primo giorno di primavera è la data scelta, invece, in molti Paesi arabi, dal Marocco alla Siria. E se in Francia la festa cade nell’ultima domenica di Maggio, mentre in Tailandia il 12 agosto, giorno del compleanno della regina in carica. Curioso, infine, il caso della Spagna, dove la festa ha un carattere popolare ma non ufficiale: negli anni ‘6O una catena di grandi magazzini lanciò la celebrazione nel mese di Maggio, prendendo spunto da ciò che succedeva a Cuba, ma la catena concorrente rispose fissandola per l’8 Dicembre (giorno dell’Immacolata Concezione), come succede a Panama. Il dualismo proseguì per anni, fino a che le autorità ecclesiastiche optarono per la prima domenica di maggio, il mese tradizionalmente consacrato alla Madonna essendo un mese mariano.

I greci omaggiavano Era, la madre degli dei, mentre i Romani, oltre a venerare le divinità femminili, istituirono i “Florealia”, il mese dei fiori (cioè Maggio), simboli di rinascita e prosperità.

In Italia la festa viene celebrata nella seconda domenica di Maggio perché nell’antichità in quei giorni ricorreva il cambiamento climatico legato alla stagione e l’occasione per ringraziare la divinità femminile portatrice di vita: la Grande Madre.

Oltre alla festa vorrei porre l’attenzione sul ruolo della mamma nella società di oggi in Italia.

Il numero dei figli e le ragioni per cui si fanno è mutato rispetto al passato, ma anche rispetto a quanto accade in altre parti del mondo.

Ma se procrastinare o rinunciare al proprio desiderio di maternità è frutto di una scelta, spesso le donne che decidono di aspettare ad avere un figlio o che si fermano dopo il primo, spesso sentono di non avere alternative.

Viviamo in un paese in cui i servizi per la prima infanzia e le scuole a tempo pieno sono insufficienti e mal distribuiti e la divisione del lavoro domestico e di cura tra uomini e donne è molto asimmetrica.

Diventare madri richiede una radicale trasformazione dell’organizzazione della vita quotidiana: alcune donne smettono di lavorare fuori casa, altre riducono l’orario di lavoro remunerato per dedicare più tempo a quello familiare.

Un ulteriore tratto distintivo della genitorialità contemporanea, è che per i genitori i figli rappresentano un veicolo di realizzazione di sé. Non era così in passato e non è così nella maggior parte delle società studiate dall’antropologia culturale dove c’è un ‘dovere di discendenza’: i figli sono il mezzo per continuare i lignaggi, per preservare la memoria e il culto degli antenati, per realizzare relazioni che attraversano i confini della famiglia nucleare e spesso anche della parentela.

Nella società in cui viviamo, al contrario, i figli sono considerati l’emanazione dell’essere più intimo dei loro genitori e vengono investiti di aspettative e progetti commensurati a questa rappresentazione.

Su un piano simbolico la maternità e la paternità non sono esperienze simmetriche. La maternità, infatti, rappresenta un elemento portante per la costruzione dell’identità femminile che non è speculare alla paternità per la costruzione dell’identità maschile. Mentre gli uomini adulti che consacrano la propria vita alla realizzazione professionale e non sono padri non sono stigmatizzati, la scelta di non maternità resta socialmente poco accettata.

Il lavoro familiare, in cui rientrano tra l’accudimento e l’educazione dei bambini ma anche l’assistenza agli anziani, non dovrebbe essere di pertinenza esclusiva di alcuni soggetti ma essere condiviso. Il lavoro domestico e di cura dovrebbe essere più facilmente conciliabile con la realizzazione di sé in altri ambiti della vita, e questo tanto per le donne quanto per gli uomini.

Oggi i padri partecipano più di un tempo all’educazione dei loro figli, ma spesso lo fanno privilegiando le attività ludiche o ricreative. E benché formalmente entrambi i genitori possano usufruire del congedo parentale, sono pochi i papà che ne fanno richiesta. L’accudimento resta un compito prevalentemente femminile. È, inoltre, un compito culturalmente svalutato, mentre occorrerebbe riconoscerne l’importanza sociale.

Un’altra sfida che ci riserva il futuro è un più adeguato riconoscimento simbolico e giuridico della pluralità delle forme di famiglia e di genitorialità che di fatto esistono in Italia.

L’affermarsi delle unioni libere e della filiazione fuori dal matrimonio, l’aumento delle separazioni e delle ricomposizioni familiari, ma anche la diffusione delle tecnologie riproduttive e la transnazionalizzazione delle relazioni familiari in seguito alle migrazioni e alle adozioni internazionali, hanno dato vita a nuove forme di relazionalità parentale e di domesticità che restano, in molti casi, prive di riconoscimento e sono spesso oggetto di stereotipi e di resistenze culturali.

Le mamme di oggi assumono sempre più le vesti di super eroine che si confrontano costantemente con una sfida maggiore rispetto ad altri tempi: educare, istruire, amare i propri figli e contemporaneamente svolgere mansioni e ricoprire ruoli che le portano lontano da casa.

Si adattano e riscoprono ogni giorno in un’elevata quantità di ruoli, fronteggiando i mille impegni e responsabilità derivanti oltre che dall’essere madre, dal contesto attuale.

Uno studio presentato qualche anno fa dal New York Times, riportato anche dalla stampa italiana, rivela che gli uomini con figli hanno maggiore possibilità di essere assunti e di avere una retribuzione maggiore rispetto agli uomini single o senza figli, mentre per le donne l’arrivo di un figlio non solo rallenta la carriera, in alcuni casi arretrandola addirittura, ma causa anche una perdita del 4% delle entrate. D’altra parte, è stato anche dimostrato che la maggior parte delle donne che occupa posizioni di leadership è senza figli.

Dunque, pare sia inconfutabile: famiglia e lavoro sono difficilmente conciliabili nella realtà di oggi.

Ma le domande che sorgono da questa considerazione sono: il ruolo di madre e di lavoratrice sono davvero in conflitto?

È giusto e, soprattutto, è sano per la società e per le strutture economiche, sociali e statali fare a meno del contributo delle donne e, nello specifico, delle madri?

È giusto che una madre si ritrovi nella posizione di dover scegliere tra lavoro e famiglia?

È ormai particolarmente urgente che venga superata questa dicotomia tra maternità e lavoro, e questo sarà possibile solo con una svolta che sia, in primo luogo, culturale a mio avviso.

Giovanni Paolo II lo aveva chiaro quando, nella sua esortazione Familiaris consortio, scriveva: «Si deve superare la mentalità secondo la quale l’onore della donna deriva più dal lavoro esterno che dall’attività familiare»

Credo che il mondo del lavoro forse è ancora su misura per maschi e che le donne per essere totalmente competitive devono spesso dover scegliere tra lavoro e maternità.

Questo dato sembra essere confermato anche dalle assurde politiche adottate dalle grandi aziende, come non ricordare,per esempio, la notizia dei due colossi americani Apple e Facebook hanno dichiarato di essere disposti a farsi carico dell’elevato costo del congelamento degli ovuli delle proprie dipendenti, nell’eventualità che un giorno desiderino avere un bambino, al fine di permettere loro di dedicarsi completamente al lavoro senza doversi negare, nel momento che ritengano più opportuno, il “piacere” di divenire madri.

Prima di decidere di mettere al mondo un figlio, una donna italiana deve pensare: al suo stipendio (già di partenza più basso rispetto a quello dei colleghi); alla paura di rimanere fuori dal mercato; alla prospettiva di potere (o dovere) lavorare fino al termine della gravidanza. E, dopo, all’eventualità di lasciare il proprio figlio di pochi mesi per rientrare a lavoro o, in alternativa, al lusso di un congedo facoltativo retribuito al 30%, che probabilmente sarà lei a chiedere, piuttosto che il suo compagno. Decide, infine, di rimanere incinta e di fermarsi per un po’. Smaltisce fino all’ultimo giorno di ferie arretrate, richiede la riduzione delle ore lavorative per l’allattamento e usufruisce di tutte, ma proprio tutte, le opzioni a sua disposizione. Ma sa già che alla fine, in qualche modo, esplicitamente o meno, questa sua scelta le verrà fatta pesare. E comunque con buona probabilità, dopo aver riflettuto, penserà di ridursi le ore e richiedere un part-time. 

Ora festeggiamo le nostre amate Mamme(non solo oggi ma ogni giorno) sia quelle che sono accanto a noi sia quelle che non ci sono più, quelle del Blog e ascoltatrici di Radio Febbre,radio Ufficiale del Network IRC Orixon e a Pam cofondatrice con Liga di questa grande famiglia “febbricitante”.

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