Finalmente disponibile nelle sale, “Il Regno del Pianeta delle Scimmie” segna il decimo appuntamento dello storico franchise fantascientifico sul grande schermo, promettendo di rivaleggiare al pari dei suoi predecessori. Già dal suo debutto avvenuto nel 1968 con “Il Pianeta delle Scimmie”, basato sul romanzo omonimo di Pierre Boulle pubblicato pochi anni prima, la saga ha conquistato l’interesse degli spettatori per le sue atmosfere futuribili di marcata ispirazione post-apocalittica, oltre ai messaggi di critica sociale che negli anni hanno mantenuto vivo il ricordo dell’indimenticabile colpo di scena visibile poco prima dei titoli di coda. Il successo di un capolavoro divenuto un pilastro del genere ha dato il via a una lunga serie di appuntamenti con quattro sequel usciti tra il 1970 e il 1973, due serie televisive e un reboot completo nel 2001 diretto da Tim Burton, che tuttavia non si è dimostrato capace di convincere fino in fondo. Ma è a dieci anni dai tristi esiti del remake che la saga ha conosciuto una seconda giovinezza: con “L’Alba del Pianeta delle Scimmie”, diretto da Rupert Wyatt, finalmente si è tornati ai fasti dell’episodio originale, ricevendo una candidatura agli Oscar per i migliori effetti speciali e un riscontro di critica altamente positivo.

Stessa fortunata sorte per i successivi “Apes Revolution - Il Pianeta delle Scimmie” del 2014 e “The War - Il Pianeta delle Scimmie” del 2017, firmati alla regia da Matt Reeves. Messi insieme, i tre titoli hanno riscosso un’attenzione di pubblico a dir poco impressionate, generando un ricavato complessivo superiore al miliardo e mezzo di dollari. Considerato dunque il lustro di cui può vantarsi la saga, non stupisce che l’attesa per “Il Regno del Pianeta delle Scimmie” si sia fatta oltremodo sentita. Con Wes Ball chiamato a prendere il posto di Reeves in sede di regia, il sequel è ambientato circa 300 anni dopo gli avvenimenti del precedente episodio, nel delicato equilibrio di convivenza tra uomini e scimmie messo in pericolo dalle ambizioni di un tiranno pronto a battersi con ogni mezzo per edificare un nuovo impero. Dalle prime reazioni condivise dalla critica su X, il film si direbbe non inferiore alla qualità complessiva degli ultimi capitoli. Fra i tanti commenti, riportiamo quelli piuttosto esaustivi del giornalista Perri Nemiroff di Collider, che premia in particolare l’impatto visivo: «Tra i capitoli precedenti e ora Il regno del pianeta delle scimmie, questa serie continua a essere uno dei migliori reboot in circolazione. Come previsto, non c'era regista migliore di Wes Ball per questo progetto. Naturalmente, i maghi di Wētā hanno avuto un ruolo importante, ma non c'è dubbio che la competenza personale di Ball con gli effetti visivi abbia contribuito in grande misura a rendere incredibile il film».

E rispetto alla trama, ad aver attratto l’interesse dei fan sono soprattutto i collegamenti del film con l’episodio originale del 68. Nel corso di una recente intervista per ComicBook, Wes Ball ha voluto approfondire opportunamente la questione, spiegando meglio la collocazione del titolo all’interno del franchise: «Non ero sicuro che ci fosse un prossimo film. Non ero interessato a fare una quarta parte e non ero sicuro che l'avremmo realizzata, di solito non funziona mai. Poi abbiamo deciso di realizzare il quarto film, in cui c'è ancora un legame con le altre pellicole, ma che è una cosa molto diversa e più nostra. Ho sentito la libertà di poter realizzare una cosa nostra e più indipendente. E poi si trattava solo di chiedersi: possiamo trovare una storia che sia degna di essere raccontata? Dovevamo realizzare un capitolo di questa lunga eredità di film che vanno avanti dal 1968. Questa era la sfida».

E ha proseguito affermando: «Funzionerà per il pubblico? Non lo so. Questa volta il tono è diverso. È una serie diversa di personaggi, un tipo diverso di storia, uno sguardo diverso... Sono un regista diverso, quindi lo stile è in parte diverso. Ma abbiamo cercato di ereditare il più possibile il DNA dei titoli precedenti. Non solo la precedente trilogia di film che Matt Reeves ha fatto e Rupert Wyatt prima di lui, ma anche tutto il percorso a ritroso fino al 68. Abbiamo cercato di sentirci parte di questo franchise, che tutti amiamo. Questo era l'obiettivo. Abbiamo cercato di posizionarci tra i due pilastri: la trilogia di Cesare e l'originale del 68, e stiamo cercando di essere da qualche parte nel mezzo tra questi due».

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