mercoledì 15 maggio 2024
L'ex ospedale di San Giovanni ospita il nuovo museo dedicato al maestro fiammingo che si ispirò a Van Eyck e Van der Weyden. Quattro opere furono pensate per quegli spazi
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Per gli abitanti di Bruges è lo “scrigno” e non è che la parola non corrisponda a forma e funzione visto che contiene un tesoro: una enorme teca cristallina a forma di casetta che raccoglie quasi tutti i dipinti di Hans Memling conservati nella città belga capitale delle Fiandre Occidentali. Sopra l’ingresso campeggia l’insegna illuminata con il nome del pittore fiammingo del XV secolo. Dal dicembre scorso gli amanti dell’arte e i turisti possono entrare nel nuovo “Museo Memling”, ricavato all’interno dell’ex Ospedale dei due “Jan” o “Jean”, un edificio che ha una lunga storia, iniziata verso il XII secolo. L’ospedale di San Giovanni venne aperto per assistere gli indigenti e i malati, ma anche i viaggiatori e ai pellegrini che necessitavano di cure. Quando venne fondato, il patrono era san Giovanni Evangelista, poi nel XV secolo si aggiunse san Giovanni Battista. Il termine hospitale rimanda appunto all’accoglienza, in genere di malati, poveri e senzatetto. Non erano ammessi malati che trasmettevano un contagio grave, come la lebbra, per esempio. Per loro era aperta la lebbroseria messa sotto la protezione a santa Maria Maddalena (poco fuori la cinta muraria della città, vicino all’acqua). Ancora oggi l’Ospedale di San Giovanni è uno dei complessi meglio conservati d’Europa, che non manca di esporre al piano terra, poco dopo l’ingresso, gli strumenti usati dai medici e dai cerusici. Nel XV secolo l’Ospedale aveva circa cento posti letto e arrivava ad assistere fino a centocinquanta pazienti facendo dividere ai meno gravi il letto. Un giardino serviva a coltivare le erbe medicinali, si producevano sciroppi, succhi di frutta e miele. Col tempo la comunità dei laici mutò in comunità monastica sotto l’autorità del vescovo, anche se parte dell’autorità sull’ospedale restava cittadina.
Memling era il nome di spicco fra i pittori del suo tempo a Bruges, e le autorità religiose che guidavano la comunità dei frati e delle suore che avevano cura del luogo scelsero lui per realizzare trittici di grande impatto, forse, come scriveAnna Koopstra nella bella monografia prodotta per celebrare il nuovo spazio dedicato al pittore, anche per sottolineare la propria forza e autonomia amministrativa rispetto alle autorità civili.
Memling era di origini tedesche. Era nato a Seligenstadt, che significa “città portatrice di gioia e di grazia”. La data approssimativa oscilla fra il 1430 e il ’35. Si trasferì a Bruges nel 1465, dove morì l’11 agosto 1494. Ebbe subito successo e questo gli fruttò grande ricchezza con cui comprò alcuni immobili in zona strategica, nel quartiere degli italiani e degli spagnoli (appartenne al 10% dei cittadini di Bruges più ricchi, che erano 875, ma non smise mai i panni dell’artigiano per vestire quelli dei notabili; fu accolto però nella Confraternita di Notre-Dame-des-Niege, società religiosa che riuniva molti funzionari della corte di Borgogna, ricchi mercanti e diplomatici e disponeva della sua cappella a Notre-Dame di Bruges dove, nel 1506, acquistata da due mercati del posto, giungera la Madonna scolpita da Michelangelo, unica scultura uscita dai confini italiani con l’artista poco più che trentenne, che oggi si può ammirare facendo visita alla chiesa dove sono conservate altre opere fiamminghe fra cui anche qualche caravaggesco.
Delle sette opere oggi conservate al Museo-Ospedale intitolato ai due san Giovanni, quattro vennero dipinte da Memling direttamente per questo luogo. Dal 1839, per un certo tempo, il museo affiancò ciò che restava dell’Ospedale, che nel frattempo aveva abbracciato la rivoluzione scientifica dal 1864 venne a disporre di un reparto maternità, uno di oculistica, uno di otorinolaringoiatra e persino una scuola infermieristica. Aprendo i battenti all’epoca il Museo aveva già una sala principale dedicata a Memling. Del resto, come viene ricordato dai curatori del museo, Memling fu uno dei primissimi pittori fiamminghi studiati nell’Ottocento. La mostra che nel 1902 mise al centro i “Primitivi fiamminghi” nel Palazzo provinciale di Bruges, portò definitivamente l’attenzione su Memling & C. da parte del pubblico. Le opere che oggi risultano di particolare importanza, senza togliere nulla alle altre di pari qualità, sono il Trittico dei due San Giovanni del 1479 e il Reliquiario di Sant’Orsola commissionato dai due ordini religiosi che gestivano l’Ospedale. Il Trittico presenta nelle ante di sinistra e di destra il Battista e Giovanni Evangelista con la rappresentazione di alcune scene dell’Apocalisse attribuita al santo. Se Dick Bouts a Lovanio ebbe per l’Apocalisse dipinta nella Chiesa di San Pietro, come si sa, un consulente teologico, probabilmente anche Memling vi ricorse, sebbene nulla lo confermi. Va notato un dettaglio: è tipico all’epoca di alcuni pittori l’uso del tappeto, qui ai piedi della Vergine: con una decorazione derivata daa quelli anatolici, divenne un segno distintivo per il pittore bruggese tanto che viene chiamato “Tappeto Memling”, così come esiste il “Tappeto Holbein” o anche il “Tappeto Lotto”. Memling comunque guarda a uno dei capostipite fiamminghi, Roger van der Weyden, e la sua Annunciazione svela il ponte dell’ispirazione tra i due. Quest’ultima, conservata al Museo Groeninge, venne separata dal Trittico di Jan Crabbe - , l’abate di Dunes, abbazia cistercense, che col tempo perse i laterali mentre la Crocifissione è finita a Vicenza - a cui apparteneva e nel 1939 riemergerà a Bruges grazie al prestito di un collezionista inglese, ma non si sa come fosse finita in Inghilterra. Interrompendosi la mostra per lo scoppio della guerra, un banchiere, un certo Renders, nel 1941 l’acquistò dall’inglese con altre opere di valore, ma ben presto la rivendette, pensate un po’ a chi, a Hermann Göring, che era un avido collezionista d’arte (e l’Annunciazione forse non era l’unico Memling che il gerarca nazista possedette).
Karel van Mander nel Libro dei pittori nomina Memling e lo definisce “primo fra tutti” i fiamminghi. Mander nota la “perizia e delicatezza” del Reliquiario di Sant’Orsola e racconta che «una volta venne offerto, in cambio, un reliquiario di puro argento». Quello di Sant’Orsola, infatti, era in legno decorato e dipinto, materiale più raro proprio perché si propendeva a usare l’avorio o metalli come l’argento e l’oro per sottolineare la preziosità, anche sacra, dello scrigno. Memling a quanto pare collaborò nell’esecuzione con l’ebanista che lo lavorò, segno della sua volontà di ottenere un’opera di fattura ben precisa. Bruges è un intreccio di Musei che si sdipanano uno poco lontano dall’altro. Finalmente lo “scrigno” del nuovo Museo ricompone non solo la collezione ma anche la sua storia.

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