Piero Piazzi: "Moda curvy e inclusiva? Quanta ipocrisia" - la Repubblica

L'intervista

Piero Piazzi: "Moda curvy e inclusiva? Quanta ipocrisia"

Piero Pazzi tra Carla Bruni (a sinistra) e Naomi Campbell (foto Getty)
Piero Pazzi tra Carla Bruni (a sinistra) e Naomi Campbell (foto Getty) 
Ha scoperto Monica Bellucci e Carla Bruni, ha lanciato Kate Moss, rappresenta Naomi Campbell. In occasione del lancio di una collezione sartoriale da lui disegnata, il celebre agente racconta 40 anni di moda dietro le quinte
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Nel vorticoso mutare del sistema moda, sono pochi quelli considerati inamovibili dal settore. Piero Piazzi è uno di loro. Nei suoi oltre 40 anni da agente di modelle, Piazzi ha scoperto tra le altre Marpessa, Carla Bruni, Monica Bellucci, Mariacarla Boscono. È l'agente di Naomi Campbell, ha lanciato Kate Moss e Lea T. Oggi presidente della Women Management, è parte della storia della moda. In occasione della sua capsule di abbigliamento, creata con Oratio a supporto di To.Get.There, l'ets con cui aiuta i bambini malati di Aids in Uganda e Sud Sudan, Piazzi riflette sul suo mondo, le "sue" donne e i suoi principi.

L’agente con Mariacarla Boscono la top che rappresenta dagli esordi
L’agente con Mariacarla Boscono la top che rappresenta dagli esordi  

Com'è cambiato il suo lavoro?
"Manca il tempo: oggi, se una modella non va, dopo due mesi viene mandata a casa. Assurdo".

Si dice anche che le modelle non siano più quelle di un tempo.
"Quello che la gente non capisceè che abbiamo sempre sognato. Da piccoli sognavamo le Barbie e Pippi Calzelunghe poi, crescendo, gli attori, le rockstar e anche le top-model. Fu Gianni Versace a creare il fenomeno facendo sfilare tra le sue indossatrici una fotomodella, Linda Evangelista. Prima le due carriere erano separate".

Il segreto del suo successo?
"La gentilezza: tratto le modelle come persone. Ma vorrei essere ricordato per la mia trasparenza. E per il mio impegno nel sociale".

Si sta separando da sua moglie dopo 22 anni di matrimonio. Pensa che c'entri il tempo che investe nel lavoro e nella beneficenza?
"Ma no, si cresce in direzioni diverse. Da molto non mi sentivo né protetto né rassicurato, ma sono certo che il tempo trasformerà il nostro rapporto in un altro tipo di amore. Lascio il resto all'avvocato Daniela Missaglia, che mi conosce e sa quanto sia importante gestire le mie fragilità".

Parlando di fragilità: si parla sempre di proteggere le modelle. Che ne pensa?
"Negli anni Ottanta e Novanta le tenevo lontane dai pr che cercavano ragazze da drogare e portare a pagamento nei locali. Mi hanno anche incendiato l'auto, per punirmi di essermi intromesso. Ma non ho ceduto: ci tengo che chi fa la modella capisca che questa è solo una parentesi, e non la sua intera esistenza. Fosse per me, per farela modella renderei obbligatoria la maggiore età, chiederei visite mediche continue, e pretenderei meno giorni di lavoro. Ma non è facile in Italia. Qui le modelle non sono neanche una categoria professionale riconosciuta: si figuri che ora vogliono inquadrarle come figure dello spettacolo. E poi bisogna fare i conti con le madri".

Cosa intende?
"Molte credono che le figlie debbano realizzare i sogni che loro avevano, e non sentono ragioni se dico che sono ancora troppo giovani. Ne ho denunciate due per stalking".

La bellezza nella moda spesso è fatta di stereotipi. Come si evitano?
"Imparando a cogliere il potenziale nascosto. Mi ricordo quando Monica Bellucci si presentò in agenzia: aveva addosso un maglione di mohair bianco con il collo macchiato di fondotinta, ma aveva un volto da madonna, mozzava il fiato. O il mio primo incontro con Mariacarla: una bellezza e una personalità esplosive, da gestire con cura. Ci hanno detto molti no, prima del successo. Penso a quando convinsi Pino Lancetti a usare, per una sua sfilata a Roma, un'esordiente alta poco più di un metro e 60. Gli promisi che sarebbe diventata una star: era Kate Moss".

Ma oggi non è più facile, con tutto questo parlare di diversità e inclusività in passerella?
"Appunto, se ne parla e basta. Infatti, è tutto scemato. Che ipocrisia".

Cos'è successo?
"Per me la moda è un'energia vera, con uno scopo. Invece, tutto questo esaltare le taglie curvy e le modelle agée, penso sia energia "vuota", senza un reale scopo. E io non illudo una persona solo per mollarla dopo due mesi perché non è più trendy".

Come si spiega certe dinamiche?
"Con la confusione che domina nel sistema. In questo i social media hanno un ruolo fondamentale, perché falsano le aspettative, generando un ideale irreale e perciò irraggiungibile. Non sono certo contro la chirurgia plastica, ma non ne ho mai vista tanta in giro come ora. Si dovrebbe rallentare e riflettere su che messaggio si vuole dare".

Lei ha iniziato come modello. Com'era ai suoi tempi?
"Un altro mondo. Eravamo prima di tutto amici: quando lavoravo con Gianfranco Ferré, gli portavo sempre una guantiera di tortellini (Piazzi è di Bologna, ndr), che lui adorava. Solo molto dopo mi sono reso conto di che momenti incredibili - e surreali - ho vissuto. Come quando a New York ho passato tutta la notte a fare festa, per poi andare diretto a una sfilata di Perry Ellis: ero così assonnato che non ho visto la fine della passerella e sono caduto in mezzo ai fotografi, maciullandomi.O come quando ho scoperto per puro caso che un mio amico era uno della famiglia Gambino: capii che c'era qualcosa di strano da tutta la sicurezza che stazionava regolarmente davanti a casa sua".